Anziani malati di Alzheimer: il ruolo della badante

Anziani malati di Alzheimer: il ruolo della badante

Le badanti svolgono un lavoro a volte decisamente faticoso: hanno a che fare con i nostri familiari malati che necessitano assistenza, controllo e compagnia tutto il giorno.

 

Una badante che lavora con una persona malata di Alzheimer deve avere molta esperienza e preparazione sull’argomento, perché si tratta di un compito che richiede competenze molto specifiche. Per questa ragione, quando si tratta di cercare la persona giusta per assistere il proprio caro, in casi delicati come la presenza diagnosticata di Alzheimer è sempre consigliabile rivolgersi a delle agenzie di ricerca badanti come Aes Domicilio, perché possono fornire candidate qualificate, con competenze eventualmente anche infermieristiche, in modo da fornire al malato tutta l’assistenza umana ma anche operativa e medica di cui ha bisogno.

 

Spesso le persone che assistono l’anziano e i suoi familiari dicono che uno degli aspetti più sconvolgenti del morbo di Alzheimer sono i cambiamenti che provoca nel comportamento: nelle fasi iniziali della demenza, un individuo può rimanere indipendente e richiedere pochissima assistenza. Tuttavia, man mano che la malattia progredisce, i bisogni si intensificano portando infine alla necessità di un’assistenza costante, 24 ore su 24.

 

Prendersi cura di una persona malata di Alzheimer è quindi, a ben vedere, un impegno a tempo pieno che richiede qualità umane e organizzative non comuni.

 

La badante, convivente o a ore, dovrà imparare a capire le esigenze del suo assistito anche quando questo non sarà in grado di esprimerle e dovrà essere dotata di molta pazienza e sangue freddo. Con il progredire della malattia nel corso del tempo, la badante non potrà più permettersi di perderlo di vista. La sua presenza e il suo aiuto saranno necessari per svolgere qualunque attività quotidiana:  mangiare, vestirsi, alzarsi dal letto e coricarsi, prendere le medicine, fare gli esercizi per la memoria se previsti dal suo piano terapeutico, ma non solo.

 

Molti malati di Alzheimer purtroppo alternano momenti di grande confusione a momenti di lucidità, in cui è facile scivolare nella disperazione e nell’angoscia. In questi momenti di passeggera tristezza e malinconia intensa, è fondamentale che la badante abbia anche delle doti umane ed empatiche per essere di conforto, ascoltare e il più possibile rassicurare l’anziano malato.

 

Nelle fasi più avanzate della malattia, l’anziato può arrivare a non riconoscere i figli, i parenti, le persone che lo circondano. Ѐ senza dubbio uno degli aspetti più dolorosi da affrontare per i cari e la famiglia. A tratti, il paziente può mostrare comportamenti apatici o aggressivi, rabbiosi e violenti. In quei momenti è come se l’anziano sprofondasse in un mondo tutto suo, fatto di oblio e senza memoria del passato, di ciò che è stato o di ciò che ha perso.

 

L’Alzheimer è probabilmente la più crudele delle malattie, in tutte le sue forme. Vedere il proprio congiunto cambiare sotto i propri occhi, diventare, a volte, aggressivo e cattivo, o apatico, incapace di riconoscere la famiglia porta a un senso di disperazione e solitudine che probabilmente nessun’altra malattia provoca nelle famiglie.

Alzheimer, cura e terapia: i progressi in corso

 

La ricerca continua ogni giorno a fare progressi, ma poiché le cause scatenanti della malattia non sono ad oggi note, le terapie si concentrano sul suo rallentamento più che sulla cura.

 

Dal 2020 è in sperimentazione un farmaco, l’Aducanumab, che agisce riducendo la quantità di proteina amiloide nei tessuti cerebrali delle persone affette dalla patologia. L’accumulo di questa proteina è infatti un marker chiave dell’Alzheimer ed è coinvolto nel processo di degenerazione nervosa, sebbene in modi ancora in parte da comprendere.

 

Parallelamente a questo farmaco, al San Raffaele di Milano è partita la sperimentazione su un farmaco, il GV-971, estratto da un’alga e già approvato in Cina che agisce sul microbiota intestinale.

 

Studi recenti hanno inoltre dimostrato che il sistema immunitario dei topi è in grado di rimuovere i peptidi beta-amiloidi, principale causa delle placche nel cervello che provocano l’Alzheimer, ma è ancora più attuale la dimostrazione di come questo avvenga anche negli esseri umani: aumentando la risposta immunitaria dell’organismo potrebbe essere possibile curare i sintomi della patologia neurodegenerativa.

 

Questo è quanto è emerso da uno studio pubblicato sulla rivista Rejuvenation Research.

Colori e emozioni: l'impatto psicologico sulla nostra mente e la visione degli ambienti Previous post Colori e emozioni: l’impatto psicologico sulla nostra mente e la visione degli ambienti
Pompe di Calore per Termosifoni: Il Futuro dell'Efficienza Energetica nell'Impianto di Riscaldamento Domestico Next post Pompe di Calore per Termosifoni: Il Futuro dell’Efficienza Energetica nell’Impianto di Riscaldamento Domestico